Servizi essenziali
di bulander
Comandavano loro. L’Italia ormai viveva solo di turismo. Industria distrutta, terziario a pezzi, P.A. ridotta ai minimi termini, restavano gli ospedali, quindi c’era sempre un po’ di richiesta di infermieri. Ma il grosso della popolazione viveva di turismo. Alberghi, agriturismi, b&b, Airb&b erano la fascia alta dell’accoglienza, poi c’erano i campeggi, le roulottes e i camper affittati a giornata, le case private che costituivano la fascia bassa. Le ferrovie, per arginare il deficit, avevano cominciato ad affittare i vagoni in sosta o in manutenzione. Fortunati quelli che avevano un pezzetto di giardino, un fazzoletto di terra, dove impiantare delle tende e affittarle, le chiamavano tent houses oppure sherpa towns, se erano un agglomerato di più case. C’erano sempre migliaia e migliaia di fornelletti da campo che bruciavano producendo un po’ di inquinamento, ma non tanto.
Comandavano loro, quelli che un tempo si sarebbero chiamati nettezza urbana, poi servizi ecologici, poi servizi essenziali, ES, Essential Services. La massa turistica lasciava infatti dietro di sé, ogni sera, ogni notte, montagne di rifiuti. Bottiglie, carte oleate, lattine, bicchieri di plastica, chiazze di vomito rossastro, cucchiai e forchette di plastica, fazzoletti, tovaglioli di carta, pacchetti di sigarette vuoti, scorze di limone, chiazze di vomito giallastro, bucce di banana, bucce di mango, lische di pesce, ossa di nodini di vitello, chiazze di vomito bluastro, cannucce, noccioli di avocados, resti di gamberetti in salsa rosa e altro ancora. I cestini di rifiuti, sparsi a migliaia nelle strade, scoppiavano. Quindi per gestire questa continua emergenza ci voleva un’organizzazione dotata di mezzi sofisticati, attrezzata con veicoli speciali, robot, sensori e quant’altro. Ma soprattutto armata di strumenti antisommossa, per tenere lontane le migliaia di laureati che andavano a rovistare nei rifiuti, appena passata l’ora della movida.
Lo speciale dispositivo nettavomito, per esempio, brevettato da una ditta sudafricana, era un gioiello della tecnica. Per saperlo usare ci volevano un paio di settimane di corso, dopo di che si riceveva un regolare diploma, un patentino. Dotato di un sistema ad aspirazione forzata, compiuta la fase di pulizia, irrorava uno speciale disinfettante che lasciava nell’aria un intenso odore di gelsomino. Invece le cartacce, i bicchieri di plastica, la roba leggera insomma, veniva prima sospinta con potenti soffioni diesel verso dei punti di concentrazione segnati da appositi cartelli e poi letteralmente succhiata dai veicoli speciali della ES Collect, dipartimento speciale della ES Services, per essere maciullata e ridotta a materiale di riciclo, trattato da compostiere bio, confezionato in cubi da 2,60 per 2,60 per 2,60, detti anche, in gergo, “i bronzi di Riace”. Migliaia di container carichi di questi cubetti – così li chiamava affettuosamente il potente Ceo di ES holding – prendevano il largo per essere esportati in tutto il mondo. In dogana li registravano come tourist waste from Italy.
L’on. Adelina Zanzottera del Partito del Risveglio Industriale Italiano (PRII) era una donna determinata. Il governo avrebbe dovuto chiedere e ottenere dalla UE l’autorizzazione a mettere sui cubetti il marchio “made in Italy”. Si opponevano i soliti 7 Bastoni dicendo che c’era poca tecnologia italiana negli attrezzi usati da ES. In Parlamento il dibattito sul tema divenne sempre più infuocato, nella seduta del 3 maggio 2066 si venne addirittura alle mani e un commesso rimase leggermente contuso. Ma la tenace onorevole la spuntò. Aveva scoperto e potuto dimostrare che l’idea di odorare di gelsomino il disinfettante irrorato dai dispositivi nettavomito era di un tecnico italiano emigrato in Sudafrica negli anni 30 del secolo. La UE non poté fare obiezioni e la mattina del 1 maggio del 2067, giorno festivo in ricordo dell’Expo del 2015, la Zanzottera si faceva fotografare a Milano sulle rive dei Navigli sommerse di rifiuti. Brandiva l’attrezzo nettavomito come fosse un Kalaschnikov, aveva il volto semicoperto da una mascherina anti-epidemie che le nascondeva, purtroppo, il bel sorriso. Si seppe soltanto con le edizioni straordinarie dei quotidiani del pomeriggio che un autista di mezzi speciali di ES Collect, stressato o incazzato perché doveva lavorare il giorno di festa, per errore aveva azionato l’aspiratore mentre il mezzo passava vicino all’on. Zanzottera ed al gruppo di giornalisti e fotografi che l’accompagnavano. La povera Adelina ed un fotografo erano stati risucchiati e maciullati all’istante. Sul luogo erano intervenuti i carabinieri ed il magistrato di turno.