chi dice donna dice dono

di Daniela Danna

Aspirina ha ricevuto un contributo (gratuito) sulla controversa parola “dono”. Il testo introduce il libro di D.D. La gravidanza per altri è un dono…falso! (Laterza giugno 2017).

Quando si parla di gravidanza come dono, le combinazioni possibili dei soggetti in gioco sono alquanto numerose. La donna che fa il dono può regalare solo il servizio della gestazione, perché l’ovulo che è stato fecondato in vitro non è suo. Solo il suo utero è allora oggetto del dono. L’ovulo può invece provenire dalla donna che ha intenzione di usufruire del dono di un utero diventando madre della creatura portata dalla donatrice, dopo la sua nascita. Oppure l’ovulo può essere di un’altra donatrice che si è generosamente separata da alcuni suoi gameti mettendoli a disposizione della scienza e della medicina. La donatrice di ovuli può ricevere un rimborso spese per compensarla della sua generosità, o uno sconto sul dono che a sua volta farà alla clinica, sia che i medici la facciano diventare madre sia che non ci riescano. Anche la donna che fa il dono dell’utero, di nove mesi di gravidanza e del parto può ricevere un rimborso spese. Questo rimborso può avere un limite stabilito da leggi nazionali oppure, sempre nel rispetto della legge di un particolare posto, essere liberamente contrattato dalle parti, come una sorta di contro-dono elargito per sdebitarsi, in modo che tutti siano d’accordo e nessuno si senta fregato dopo aver donato. Negli Stati Uniti l’associazione dei ginecologi si preoccupa che il dono non sia sproporzionato, e pone un limite di 10.000 dollari – generalmente superato dalla generosità di chi fa e riceve doni. Alcune donne però davvero non vogliono accettare alcun contro-dono da coloro che riceveranno una o un neonato fatto da loro – e molto spesso più di uno perché le tecniche di fecondazione in vitro portano a impiantare tanti embrioni e poi magari a “ridurli” se i futuri doni diventano eccessivamente numerosi. I beneficiari di doni umani allora insistono perché le donatrici ricevano qualcosa in cambio, non volendo evidentemente avere più molto a che fare con loro. Oppure sì, vogliono rimanere in contatto, ma a propria discrezione e controllo. Quel qualcosa che vogliono donare in cambio sono dei soldi. Il denaro infatti scioglie i legami sociali, mentre il dono li mantiene o li crea.
È complicato il quadro della gravidanza come dono, perché coloro che ricevono in dono i bambini possono essere persone che non sono in grado di procreare, ad esempio una donna che ha le ovaie, le quali producono i gameti femminili, gli ovuli, ma non ha l’utero dove si sviluppa il futuro bambino. Oppure una donna può avere qualche malattia che le rende la gravidanza pericolosa – un rischio troppo grande per pensare di farla in prima persona. Se trova una donna generosa che le regala il suo corpo e il suo tempo per nove mesi e fa un bambino al posto suo, potrà anche lei diventare madre. Oppure la donna può essere troppo vecchia perché i suoi ovuli fusi con spermatozoi possano dare origine a una bambina o un bambino. Oppure ancora quella donna può avere accettato l’offerta della sua ditta (succede negli Stati Uniti) per congelare i suoi ovuli quando è giovane e comincia a lavorare per loro. Gli ovuli, tenuti nel congelatore di un’altra ditta specializzata, non invecchiano e quando lei e il suo compagno saranno pronti a diventare genitori, potrebbe a quel punto cercare una donna a cui subappaltare la sua gravidanza fatta con gli ovuli di quando era più giovane. La ditta l’aiuterebbe anche in questo, se ciò che lei guadagna e fa guadagnare in quei nove mesi (o anche molti meno, non è che le donne smettano di lavorare appena scoprono di essere incinte!) rende a tutti razionale fare un qualche regalo di minore entità a un’altra donna che poi le offrirà la neonata in dono.
Ma non dobbiamo parlare solo di donne. Ci sono persone che sarebbero pienamente in grado di procreare, ma non è che non vogliano: è che sono maschi! Dove potrebbero quindi far crescere l’embrione ottenuto dal dono di un ovulo fuso con il loro sperma? Oppure quello nato dal doppio dono di ovulo e sperma, se non sono fertili? Devono trovare almeno almeno un utero in dono. Ecco che anche tutti gli uomini possono candidarsi per ricevere dei doni. Possono essere maschi in coppia tra loro, o anche maschi single, che desiderano avere dei figli in dono ma non hanno o non vogliono avere una donna tra i piedi del neonato – a meno che non sia pagata per dare il latte e fare la baby sitter – sia che abbiano un orientamento eterosessuale che omosessuale che bisessuale o altro.
Il quadro è piuttosto confuso, non vi pare? Ma abbiamo la possibilità di unificare tutte queste situazioni – che sono infatti chiamate “gestazione per altri” o “maternità surrogata” – perché hanno in comune la pretesa che colei che porta a termine una gravidanza partorendo dei bambini non venga chiamata madre né considerata tale dalla legge, e che la, il o i suoi neonati vengano separati da lei (in genere questo avviene il prima possibile, cioè subito dopo il taglio del cordone ombelicale) per essere legalmente riconosciuti e cresciuti da altri, da coloro che li hanno “commissionati” volendone diventare i genitori sociali. Che questi altri, che almeno uno di loro, siano o meno anche i genitori biologici dei bambini fatti da un’altra donna dipende dalle diverse leggi degli stati che hanno ammesso questo istituto giuridico. E non solo: alcuni genitori che hanno ricevuto in dono un figlio credendolo proprio, si sono poi accorti che non lo era. Ci sono naturalmente i casi di truffa e di non rispetto della legge, o anche semplicemente di errore.